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“Una lettera sistemico – relazionale – simbolico – esperienziale”

1maggio PsicoterapeutaCara Me, cara Claudia, di solito le lettere vengono scritte indirizzandole a terze persone, ad un qualcuno che non siamo noi, questa volta però chi scrive sta scrivendo a sé stessa, o meglio io sto scrivendo a me stessa; alla me allieva e alla me in veste da psicoterapeuta. Il cuore di questo lavoro è la sintesi di un processo, del mio processo, di evoluzione, di crescita, di maturità, non solo a livello professionale ma soprattutto umano, intimo, personale. E’ la sintesi non tanto di come dovrebbe essere uno psicoterapeuta, ma di come io sento di poter essere psicoterapeuta.

Ricordo di essermi cosi domandata quale fosse la mia priorità in quello che sarebbe diventato il lavoro della mia vita, immaginandomi con i panni di un ipotetico paziente, riflettendo su cosa mi avrebbe fatta sentire accolta anche su una sedia scomoda piuttosto che non compresa su una bella poltrona morbida. Da paziente avrei desiderato avere seduto davanti a me non tanto un Dottore con una valigetta piena di strumenti o con un bell’abito ma un Dottore dove il protagonista non fosse la sua valigetta o il suo abito. Avrei voluto una persona che nel guardarmi mi vedesse persona. Persona è come mi sono sentita quando per la prima volta ho messo piede nell’aula principale della Scuola Romana di Psicoterapia Familiare.

I miei ricordi nella SRPF

Decido di iniziare la scuola in un momento in cui penso di investire sulla mia professionalità e quasi per caso faccio domanda in questa scuola. Dopo un paio di settimane vengo convocata dal prof. Saccu che, con le sue domande e le sue ipotesi stravaganti, mi cattura subito…

I docenti dei primi due anni sono il prof. Saccu, la dott.ssa La Mesa e la dott.ssa Cotton; al terzo anno alla dott.ssa Cotton subentra il dott. Bucci: quattro pilastri che con quattro modalità diverse hanno agito e “mosso” il mio/nostro sistema di credenze.

La presentazione del mio genogramma a scuola con il prof. Saccu ha facilitato la comprensione di alcune dinamiche familiari che erano presenti nella mia mente, esplicitandole e rendendole materiale su cui “lavorare”. Il supporto del professore mi ha chiarito alcuni dettagli che non riuscivo a inquadrare bene nella mia storia familiare.

Into the wild: Considerazioni di un viaggio nell’Esperienziale

MGMT: “Kids”

You were a child

Crawling on your knees toward it

Making momma so proud

But your voice is too loud.

Control yourself

Take only what you need from it

A family of trees wanting

To be haunted.

L’ingresso nella scuola e il processo di formazione nel gruppo

Foto Rosaria CampisiHo avuto la fortuna di scoprire il modello sistemico relazionale in occasione dell’esame di Stato. Ne rimasi subito entusiasta e pensai che nel momento in cui avessi deciso di iscrivermi ad una scuola di specializzazione, avrei scelto quel modello.

Pensai che un pensiero sistemico ispirato alla complessità si sposava perfettamente con il mio modo di essere e con la mia visione delle cose. Ma oggi posso aggiungere, che probabilmente c’era anche la voglia di capire il funzionamento della mia famiglia.

E fu così che nel dicembre 2006 mi recai in Via Reno per sostenere il colloquio di selezione. Incontrai la Dott.ssa Raschellà che con il suo modo accogliente mi fece subito sentire a mio agio. La Dott.ssa mi fece capire tra le righe che il colloquio era andato bene, ma c’era un problema: nella sede di Roma non c’erano più posti, per cui le alternative sarebbero state attendere per l’iscrizione l’anno successivo o optare per la sede di Napoli.

DALL'ARCOBALENO AL CUBO DI RUBIK VIAGGIO ALLA RICERCA DEI COLORI

IMG 9569Il punto di partenza

L’iscrizione alla Scuola Romana di Psicoterapia Familiare è stata per me il punto di approdo di un percorso che durava da tanti anni e che aveva visto il periodo dell’università trascorrere senza molto entusiasmo, con molta curiosità, ma con poco trasporto per la professione che avevo scelto. Ciò dipendeva dal fatto che la facoltà alla quale mi ero iscritta aveva un’impronta quasi esclusivamente psicodinamica ed io facevo molta fatica ad accostarmi e a comprendere (e questo parlava di me) un modello poco concreto, che aveva la pretesa di osservare e conoscere il mondo interno delle persone. Poi, durante la preparazione di un esame, ho incontrato l’approccio sistemico – relazionale ed è stato per me come lo schiudersi di un universo: finalmente veniva preso in considerazione il mondo reale, con tutti i personaggi che lo popolano e con le modalità che gli individui hanno di rapportarsi ad essi. È stato come una grossa boccata d’aria dopo una lunghissima apnea, rappresentava la sensazione di recuperare la libertà, di poter pensare in un modo del tutto nuovo alle persone e alle loro difficoltà, poiché la patologia non era più insita nella natura dell’individuo, ma costituiva una modalità di espressione, per quanto inconsapevole e dolorosa. Ciò mi permise di trovare il mio senso a quella che sarebbe stata la mia professione, così scelsi la Scuola Romana.

Son venditore d’acqua perciò non mi spaventa il fuoco

FB IMG 1593188517982Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore e
cerca di amare le domande, che sono simili a
stanze chiuse a chiave e a libri scritti
in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte che possono esserti date
poiché non saresti capace di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa. Vivere le domande ora.
Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga,
di vivere fino al lontano
giorno in cui avrai la risposta.

Rainer Maria Rilke (da Lettera ad un giovane poeta)

La scelta dell’itinerario

P1000767 BWPiena di entusiasmo e di voglia di sapere (sapere come, non sapere cosa), ho diretto le mie ricerche sulle scuole di terapia familiare. Ho fatto diversi colloqui in alcune di esse, in ultimo nella Scuola Romana di Terapia Familiare. Dulcis in fundo, è il caso di dirlo. Già durante le ricerche via web avevo indirizzato la mia preferenza verso di essa, attratta dalla maggiore quantità di ore di training  rispetto a quelle di lezioni teoriche. Avevo bisogno di sperimentarmi, di vivere ciò che studiavo direttamente sulla pelle e nello stomaco, e i training mi sembravano i più adatti allo scopo. La scelta definitiva è avvenuta solo il giorno del colloquio di selezione.

Innanzitutto sono stata conquistata dalla sede. Non appena sono entrata ho avuto la sensazione di fare ingresso nella casa di qualcuno, non in un’“accademia”, e la cosa mi sembrava fare il paio con il fatto che lì si trattasse di famiglie. Quell’ambiente caldo e accogliente mi sembrava pieno di memoria e privo delle sovrastrutture legate a quelli che io ho sempre considerato criteri di “apparenza” tipici delle sedi di formazione: ordine, asetticità, freddezza, luci al neon, cattedre, sedie disposte in file lineari. Avevo la sensazione che lì regnasse una sorta di caos creativo, (ora lo definirei un ordine diverso creativo) con i mobili storti, le luci calde, senza cattedre, con le sedie disposte in circolo, era come se quel luogo rompesse con tutto quello a cui ero abituata e che mi aspettavo di trovare, traghettandomi verso una dimensione spaziale e psicologica nella quale io potessi rispecchiarmi e stare comoda. Le segretarie mi hanno fatto accomodare in una sala d’attesa  e dopo pochi minuti il Prof. Saccu in persona è venuto a chiamarmi.

Contributo alle giornate di studio SRPF 18-19-20 ottobre 2019

paolo bucciVorrei intanto sottolineare un apprezzamento alle sollecitazioni rappresentate dalle righe che Il prof. Saccu ci ha inviato come stimolo al nostro incontro.
In particolare vorrei evidenziare il riferimento all’atteggiamento che viene esortato che consiste nel valutare e rispettare le idee e le teorie che scegliamo di usare per il loro valore reale e pratico, indipendentemente dalla loro provenienza. Le certezze ideologiche ed il settarismo sono estranei a questo atteggiamento, tuttavia non si tratta di una accomodamento eclettico alle varie teorie bensì bisogna contrastare questo rischio, ciò richiede molta disciplina ed onestà intellettuale. Questo è quanto si richiede ad un funzionamento di una mente indipendente.

Nella illusione o nella consapevolezza di essere una mente indipendente ho provato ad utilizzare le domande che seguivano ed ho avuto una certa difficoltà. Lungi da voler rispondere alle domande indicate dal Prof. Saccu come per un esame, notavo che queste domande scaturivano da un punto di vista sicuramente apprezzabile ma poco chiaro.

Creatività del terapeuta: come ho integrato la terapia sistemico relazionale e l’arte terapia

PHOTO 2020 06 16 07 08 11Sin da quando sono entrata nella Scuola Romana di psicoterapia familiare ho cominciato a svolgere un lavoro di connessione e integrazione tra i due approcci epistemologici che amo di più e che mi permettono di vivere con piacere il lavoro che svolgo: l’arte terapia e la psicoterapia sistemico relazionale.

Due strade riabilitative che ho percorso approfonditamente fino ad arrivare, oggi, ad una integrazione che ha portato risultati molto positivi in terapia.

Entrambi gli approcci presentano la meravigliosa caratteristica della trasversalità, favorendo un intervento duttile. Richiedono, però, al terapeuta una caratteristica imprescindibile: la flessibilità. Ho lavorato molto con me e su di me per poter arrivare al mio attuale stile di intervento e amo spiegare questo mio processo utilizzando le parole di Carmine Saccu: “Vedi – disse Ha Tok – com’è importante rallentare il tempo. In Amazzonia due fiumi si incontrano differenti per colore e temperatura, camminano insieme per 15 miglia, ciascuno mantenendo il suo colore, per poi mescolarsi. Questo era il tempo necessario perché tu integrassi in maniera coerente due vissuti esperienziali scissi perché diversi sono i fiumi epistemologici”.

I miti sono attuali e si ripetono nel tempo

260px Brogi Carlo 1850 1925 n. 8226 Certosa di Pavia Medaglione sullo zoccolo della facciataLa mitologia narra che Castore e Polluce erano due gemelli nati dalla stessa madre, ma da padri diversi; uno dei quali era immortale e l’altro mortale. Polluce era dunque immortale, mentre Castore, nato da un mortale era anch’esso mortale. Fu infatti ucciso in combattimento.

Polluce, dice il mito, rimasto solo visse quella perdita con un dolore così grande e insopportabile da chiedere a Zeus di poter lui stesso diventar mortale e poter così ricongiungersi all’amato fratello che dimorava ormai nell’Ade.

Zeus, dio di tutti gli dei, sapeva che la richiesta di Polluce non poteva essere esaudita perché non si poteva rendere mortale ciò che era immortale, ma sensibile della sofferenza, trasformò i due gemelli Castore e Polluce in due stelle perché potessero stare insieme vicini in eterno.