Sin da quando sono entrata nella Scuola Romana di psicoterapia familiare ho cominciato a svolgere un lavoro di connessione e integrazione tra i due approcci epistemologici che amo di più e che mi permettono di vivere con piacere il lavoro che svolgo: l’arte terapia e la psicoterapia sistemico relazionale.
Due strade riabilitative che ho percorso approfonditamente fino ad arrivare, oggi, ad una integrazione che ha portato risultati molto positivi in terapia.
Entrambi gli approcci presentano la meravigliosa caratteristica della trasversalità, favorendo un intervento duttile. Richiedono, però, al terapeuta una caratteristica imprescindibile: la flessibilità. Ho lavorato molto con me e su di me per poter arrivare al mio attuale stile di intervento e amo spiegare questo mio processo utilizzando le parole di Carmine Saccu: “Vedi – disse Ha Tok – com’è importante rallentare il tempo. In Amazzonia due fiumi si incontrano differenti per colore e temperatura, camminano insieme per 15 miglia, ciascuno mantenendo il suo colore, per poi mescolarsi. Questo era il tempo necessario perché tu integrassi in maniera coerente due vissuti esperienziali scissi perché diversi sono i fiumi epistemologici”.
Di tempo ne è passato e oggi, dopo 11 anni dalla mia specializzazione presso la SRPF e 14 da quella in arteterapia psicofisiologica, osservo soddisfatta il mio modo di mescolare i due fiumi, un modo del tutto personale e coerente con il mio agire in terapia.
Il modo di considerare il tempo e lo spazio è proprio uno degli elementi che accomuna i due fiumi epistemologici, come anche l’uso della narrazione, della metafora, l’uso di sé nella relazione terapeutica.
La concezione dello spazio e del tempo, in entrambi i tipi di terapia, non è lineare ma sincronica , per cui gli eventi si influenzano e integrano in una circolarità dinamica, che non prevede un prima e un dopo. Il processo terapeutico, quindi, si costruisce dinamicamente nel presente del contesto della relazione, proponendo un’esperienza concreta nell’hic et nunc, in cui tutto è metafora relazionale, presentificando i bisogni emotivi passati e introducendo cornici e scenari alternativi, per cui spazio e tempo diventano le due coordinate che provocano i cambiamenti trasformativi. L’arte permette di vedere, nello stesso spazio e nello stesso momento, diversi contesti collocati su differenti livelli, aiutando il terapeuta a osservare ed individuare il come delle relazioni che si snodano tra i membri di una famiglia. Spesso le produzioni artistiche in terapia rappresentano concretamente la mappa su cui il terapeuta può fare affidamento, guidando la famiglia, altrettanto concretamente, ad assumere diversi punti di osservazione per trovare nuovi modi, tempi e ritmi di movimento, dando vita alla scoperta della possibilità di sperimentare un cambiamento. Tutti i “viaggiatori”, quindi, guidano e sono guidati in un luogo relazionale in cui tutti sono coinvolti. Un’avventura in cui la guida che possiede la mappa dovrà essere in grado di integrarla dinamicamente con il territorio: la mappa è una rappresentazione necessaria del territorio, ma utile solo se chi la osserva mantiene una flessibilità che consenta il movimento stesso.
Integrando i due approcci posso offrire, nel mio lavoro, nuove cornici organizzative che prendono vita dalle storie della famiglia (narrate, danzate, dipinte, musicate), dalle modalità che essa usa per raccontarsi, perché è proprio in quel come che si esplica il suo punto di vista rispetto alle difficoltà: partire dalla prospettiva dei suoi membri, permetterà di incontrarli sia come attori che come autori delle loro storie. Mi avvalgo molto della Scrittura creativa per immagini e parole©, che utilizza l’elemento proiettivo insito in ogni creazione figurativa, proprio per permettere ai membri di una famiglia di poter spiegare a se stessi chi sono, le loro relazioni, trovare nuovi possibili conclusioni o aprire ancora nuove vie narrative. I canali di comunicazione da cui partire possono essere molteplici: un dipinto collettivo, una danza, un movimento, un’espressione sonora. Ognuna di queste strade si conclude con una verbalizzazione narrata e metaforica, di solito fiabesca, che poi diventa il punto da cui partire per narrare la famiglia nel presente e arrivare ad una consapevolezza condivisa. Talvolta, tale consapevolezza dà vita a nuove creazioni che diventano un manifesto del cambiamento da raccontarsi o da ammirare. Mi rimarrà sempre impressa la scelta di una famiglia di trasformare una tela dipinta durante la terapia in tovaglia da tavola, consacrandola a ciò che fa da base al nutrimento.
Le metafore che utilizzo in terapia sono le narrazioni nate dall’esperienza artistica, potendo così contenere il sistema familiare riguardo a temi sentiti come “pericolosi” e raggiungendo agilmente la comprensione della metafora stessa, perché si basa su conoscenze e modalità comunicative proprie della famiglia. Le parole di Bateson spiegano la teoria alla base di questa scelta: “Di tutte le metafore esistenti, quella più centrale e cospicua, a disposizione di tutti gli esseri umani, è il Sé. Al cuore della rete di metafore, attraverso la quale riconosciamo il mondo e interagiamo con esso, stanno l’esperienza del sé e la possibilità di parlarne. Il ricorso all’autoconoscenza come modello per capire gli altri, sulla base di somiglianze o congruenze, si potrebbe chiamare comprensione, ma il termine migliore mi sembra empatia”.
La trasversalità e la capacità di fornire cornici di significato dell’approccio sistemico ben si sposano con la duttilità necessaria all’intervento arte terapeutico, poiché in entrambi è importante che il terapeuta sviluppi un immaginario flessibile della famiglia, per poter interagire con essa senza colludere ma mantenendone il contatto.
Integrare i due approcci ha richiesto da parte mia molto lavoro per tendere verso la flessibilità necessaria ad ogni terapeuta, una flessibilità presente nel dialogo intrapersonale, tra Io e Sé, propria di colui e colei che abbiano intrapreso un processo di differenziazione che ponga l’accento sulla Posizione IO (Bowen), fino a raggiungere un “IO, stabile, flessibile e integrato” (Ruggieri), in contatto con il proprio sentire.
Non mi fregio del raggiungimento della meta, avendo imparato bene, anche dalla vita, che per mantenere l’equilibrio è necessario perderlo e poi conquistarne uno nuovo e più funzionale.
Sono grata, quindi, di aver conosciuto i miei maestri, a cui dedico questi miei pensieri.
Bibliografia
Bateson G, Verso un’ecologia della mente, Adelphi, 1977
Bowen M., Dalla famiglia all’individuo, Astrolabio, 1979
Minuchin S., Famiglie e terapia della famiglia, Astrolabio, 1977
Ruggieri V., L’identità in psicologia e teatro, Edizioni Scientifiche Magi, 2001
Sluzki C. E., La trasformazione terapeutica delle trame narrative, Rivista di Terapia Familiare, 2012
Scrittura creativa per immagini e parole© - Metodo Integrato Marchio-Patti©, www.cittadelsolenoprofit.it
Processo di meta comunicazione che illumina le relazioni e innesca un vortice retroattivo circolare (Sluzki)