Lui Fabio Bassoli mi aveva cercato per invitarmi a un convegno internazionale che si svolgeva a Modena nel giugno 2023 . Assieme a Luigi Cancrini e a Maurizio Andolfi avevo 30 minuti e per l’occasione mi era stato chiesto un titolo a dire il vero accettato con qualche perplessità.
Titolo: “da Mosca a Vladivostok: scendo dal treno… e il nuovo spaventa”.
Inizio raccontando del viaggio di ritorno in macchina dal Congresso di Lione, con la Prof.ssa M. S. Palazzoli nel 1979.
Spinto dalla curiosità le chiesi perché ogni 5 anni nel campo della Terapia Familiare abbandonava il modello in uso fino a quel momento per un nuovo modello. “Carmine” fu la risposta lapidaria, “io non sono una clinica ma una ricercatrice”
In quell‘momento compresi che io non sarei mai stato un ricercatore ma un clinico. Tuttavia l’arte sia nella ricerca che nella clinica si riassume in quella parola che siamo abituati a chiamare “Ridefinizione”.
Esistono delle Ridefinizioni che sono rivoluzionarie e che definiscono le aree Epistemiche che poggiano su nuovi paradigmi.
I Paradigmi sono dunque Rivoluzionari e non possono essere messi in discussione ma sono sostituiti da altri paradigmi.
Sigmund Freud è certamente un epistemologo e la ridefinizione poggia sul paradigma “dell’esistenza dell’ inconscio”.
Dai Paradigmi nascono poi i modelli e lo stesso Freud ha elaborato la teoria della tecnica e la tecnica stessa nell’ “modello Freudiano”.
Sull’interpretazione del paradigma dell’ esistenza dell’inconscio sono nati tutti gli altri modelli presenti in psicanalisi: modello Junghiano, modello Adleriano, modello Kleiniano, modello Lacaniano e così via e possiamo anche citare tutti coloro che, all’interno del proprio modello, hanno contribuito a rendere il modello stesso più chiaro ed efficiente.
La Creatività dunque può riguardare o la definizione di nuovi paradigmi o la definizione di nuovi modelli all’interno dello stesso paradigma.
Nel campo della Teoria Sistemica con il suo libro “La Teoria Generale dei Sistemi” l’Epistemologo Von Bertalanffy traccia il nuovo paradigma sistemico.
Nell 1946 nella conferenza di Magy svoltasi a New York con la partecipazione delle più eccellenti menti, Norbert Wiener tracciò il nuovo paradigma basato non più sulla logica lineare ma sulla logica circolare dove la parola “informazione” e “feedback” prendono il posto della parola “energia”.
Era nata la cibernetica di primo ordine con questo nuovo paradigma G.Bateson nel 1956 con un gruppo di professionisti a Palo Alto, fecce una ricerca sulla comunicazione delle famiglie a transazione psicotica, giunse alla formulazione della modalità comunicativa detta “doppio legame”. Successivamente Carlos Slusky estese il concetto “doppio legame come modello universale”
In quel convegno il vecchio paradigma legato alla metafora tratta dalla fisica della logica lineare “causa effetto” venne sostituito con un nuovo paradigma dove il focus era centrato su “informazione e feedback”.
All’interno di questo paradigma si sono sviluppati vari modelli sia con la concettualizzazione della Famiglia come sistema chiuso o della famiglia come sistema aperto.
Se però facciamo riferimento alle linee epistemiche la terapia familiare nasce con le due anime diverse.
Dalla Epistemologia Freudiana, Akerman elabora un modello di lavoro con le famiglie fedele alla metodologia psicodinamica con l’interpretazione dei sogni delle associazioni libere.
Nel campo della epistemologia sistemica si delinearono due letture e due campi d’azione: quella che vede “le patologie” come effetto di una comunicazione distorta e quella che tende ancora a ricercare nelle storie e nei miti familiari la definizione di patologie. Tutta la psicoterapia incentrata sul Paradigma della Cibernetica di Primo ordine, si dispiega in tantissimi modelli sulla terapia familiare, che hanno campeggiato fino agli anni ’80 in America, in Europa e in Italia in particolare.
In America a Palo Alto, Jackson e Watzlavich davano inizio a un lavoro con le famiglie sulle Terapie Brevi.
Jay Haley elabora il modello della Terapia Strategica, S.Minuchin a Philadelphia con la concettualizzazione delle famiglie come sistema aperto definisce “il modello strutturale” e così via,
Ivan Boszormenyi - Nagy un modello centrato sulle lealtà invisibile, Carl Whitaker elabora un modello Sistemico esperienziale e a Washington Mary Bowen sconvolge l’area psicodinamica con il suo modello dove il triangolo trigenerazionale diventa il focus centrale; si potrebbe continuare così con tanti altri nomi famosi negli Stati Uniti.
In Europa l’Italia diventa il faro attrattivo e formativo con il modello di M.S Palazzoli,E. Boscolo, Cecchin e Prata e a Roma con Luigi Cancrini, Maurizio Andolfi e Gaspare Velle.
In tutta Europa nascono menti di terapia familiare: Mony Elkaim in Belgio, Guy Ausloos, Kaufmann, Masson e Fivaz in Svizzera e poi in Francia Benoit,Catherine Whiton.
Negli anni ’70 – ‘80 emergere un nuovo paradigma che rivoluzionerà tutto il concetto di Psicoterapia.
Il Paradigma viene introdotto in America da Won Foerster e dal Biologi cileni U. Maturana e F. Varela.
Nel sistema “non può esistere l’osservatore neutro, chi osserva fa parte del sistema”. Cadono le premesse della cibernetica di primo ordine che vedeva nella posizione “up” del terapeuta e “down” della famiglia la filosofia del cambiamento. Nasce la modalità “narrativa” dove la “cocostruzione” diventa il focus centrale.
Ricordo nella mia esperienza il primo incontro con Carlos Slusky a Roma alla fine degli anni ‘70 quando propose 20 formule per la Terapia Familiare e il rincontro negli anni successivi quando Carlos ha potuto all’ interno del nuovo paradigma nella cibernetica di secondo ordine trovare tutta la sua vena creativa di un narratore speciale come lo è tuttora.
Su questo Paradigma nuovo si sono andati costruendo nuovi modelli anche in Italia: modello di Milano Boscolo e Cecchin Bertrando e Barbetta, il modello delle polarità semantiche di Valeria Ugazio il modello trigenerazionale di Andolfi il modello di Saccu Sistemico Relazionale Simbolico Esperenziale e così via con Mariotti e Bassoli a Modena, Loriedo a Roma, ci sono anche tanti altri che non nomino per mancanza di tempo.
Ho fatto questa premessa e queste considerazioni perché spesso non viene chiarito nei convegni e negli scritti la differenza sostanziale tra paradigmi e modelli. Questo genera confusione per ciò che riguarda la creatività o se volete anche la definizione di ciò che viene definito scientifico.Occorre tenere presente che nel campo della sistemica della terapia familiare molti si sono ispirati ad altri modelli coniugando le premesse teoriche.A Milano la scuola di Mara Selvini Palozzoli ha fatto riferimento alla teoria di John Bowlby sull’ attaccamento e ha riproposto questo modello alle famiglie, cosi anche l’ISCRA ha coniugato sul modello milanese originale nuove forme integrative nell’aree emozionali.Tutto questo ha trovato il suo comune denominatore nel “paradigma della complessità” introdotta da Edgar Morin.Tendo a ribadire che io non sono un ricercatore ma ho sempre ammirato coloro che dedicano una vita alla ricerca purchè siano chiari i termini, le proposte e gli ambiti dove ciascuno opera.Quando tuttavia si cerca di vedere l’individuo all’interno di un sistema è importante comprendere il ruolo e la funzione che la persona svolge. La visione sistemica può includere la famiglia nucleare, la famiglia trigenerazionale, la famiglia allargata, dove lealtà invisibili e miti famigliari e personali operano dando senso a comportamenti sintomatici. Si può allora mettere in evidenza come un sintomo possa essere visto all’interno di quello che Watzlavich ha definito ”cambiamento numero 1 “ . E’ sufficiente che un altro membro della famiglia assuma il ruolo e la funzione che prima era espressa dal membro sintomatico che il sistema rimanga stabile (come se invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia). Questo fenomeno che solitamente noi sistemici chiamiamo la “staffetta” vede il passaggio del testimone “area sintomatica” ad un altro membro della famiglia. Questo insieme di variabili rende più problematica la definizione di “scientificità”. La strada tuttavia va percorsa definendo i criteri non come verità ma come probabilità. Sul piano metodologico per effettuare una ricerca è spesso necessario che vengano definite le procedure. In un recente convegno a Todi ho proposto come metafora il caleidoscopio per indicare le differenze dell’approccio psicoterapico. Per definire meglio l’aspetto procedurale di molte metodologie psicoterapeutiche ho indicato il caleidoscopio che mi regalavano nelle fiere di paese la cui caratteristica era quella che, ruotandolo alla settima immagine ricompariva la prima. In una terapia procedurale e più facile effettuare la ricerca perchè si stabiliscono i criteri e si effettuano i confronti tra ciò che avviene nelle diverse sedute con un adeguato numero di terapie familiari. Invece il caleidoscopio non procedurale è quello che ruotato non presenta mai un’immagine uguale perché i vetrini all’interno non seguono vie precostituite. Quest’ultima metafora del secondo caleidoscopio ricorda il suggerimento di Bion ai terapisti di entrare in seduta” insaturi” proprio perché è possibile cogliere “ singolarità” che non sono previste nelle ipotesi che spesso vengono formulate durante il processo terapeutico.
Il titolo da Mosca a Vladivostok ha a che vedere con la formazione Ogni scuola ha il suo modello che deve avere al suo interno la coerenza. Nel formare gli psicoterapeuti sistemico relazionali simbolici esperenziali nella Scuola Romana l’accento principale viene posto sul “Se” del terapista più che sulle tecniche anche se queste emergeranno nel corso di 4 anni di formazione.
Per essere coerente al titolo del mio intervento faccio riferimento alla transiberiana che è un treno che parte da Mosca e giunge, seguendo le rotaie in un tempo stabilito a Vladivostok in Siberia.
E’ un’ esperienza fantastica in quanto il treno attraversa numerosi paesi ricchi ciascuno di stimoli culturali, folclorici e anche gastronomici. Il treno è molto accogliente e permette momenti di relax con possibilità di fumare un sigaro, sorseggiare della vodka, ed è possibile anche gustare il caviale e pietanze prelibate.Sono previste nel tragitto delle tappe dove è possibile mischiarsi alla gente del posto soprattutto per gironzolare nei mercatini. L’accoglienza é spesso allietata da cene o pranzi tradizionali tipici dei paesi attraversati e vi si organizzano spettacoli di danza e canti ed esibizioni in costumi tradizionali. L’arrivo a Vladivostok é ricco di immagini, molte delle quali già preparate in anticipo con una modalità che potremo definire” procedurale”. Un’esperienza bella da raccontare affidata alle rotaie del treno. Scendere dal treno che riparte apre a una nuova storia. L’obbiettivo di raggiungere Vladivostok permette di vivere un esperienza diversa.Si deve contare solo “ su se stessi”. Niente è previsto ma tutto può essere vissuto alla luce di un’ avventura con finali diversi legati alla persona e ai vari contesti.
Si possono ipotizzare scenari diversi che mettono alla prova le aspettative e le capacità personali. Proviamo a tracciare uno scenario dove, dopo un’ attesa di tre o quattro ore spunta all’ orizzonte un carro trainato dai buoi carico di fieno. L’avventuroso personaggio chiede un passaggio fino al primo villaggio. Non si conoscono le lingue ma l’analogico favorisce l’incontro. La richiesta di un hotel per passare la notte sorprende l’ospite perché non esiste hotel in questo villaggio sperduto. L’offerta di ospitalità viene dunque accettata con grande sollievo. In casa le donne si danno da fare per preparare il cibo e i bambini, curiosi, circondano l’ospite che non delude le attese anche perché sollecitato da emozioni intense che danno sempre più senso alle nuove esperienze. La proposta di fermarsi nel paesino non ha alternativa perché l’unico bus passerà fra tre giorni. L’occasione è propizia perché l’indomani ci sarà una fiera dove convergeranno intere famiglie di allevatori e di agricoltori; e sarà anche un’occasione di festa per tutti. La macchina fotografica non si arresta un istante e il piacere diventa più grande con tutto ciò di inaspettato che l’evento propone. C’é un tempo per i ringraziamenti di questa inattesa e fantastica ospitalità e al terzo giorno Lui sale su quel pullman che è ricco di colori variegati dei costumi del posto; ma occorre farsi spazio tra uomini donne bambini e galline e anche qualche maialino. Sulla strada bianca e polverosa ognuno dei passeggeri che sale e scende ha un suo stile per guardare e approcciare “lo straniero”. L’arrivo in un paesino di montagna diventa l’occasione suggerita per vedere un posto dove nasce il fiume più grande del paese. E’ lì, in quel posto, che il nostro personaggio incontra Walter, un canadese che parla francese e un po' di italiano. Lo scambio è reciproco. Ognuno ha qualcosa da raccontare, forse si incontreranno o si scriveranno. Le tappe successive possono variare a seconda dei contesti e degli eventi. Attraversare paesi diversi é piacevole ma può essere anche rischioso, soprattutto se ci sono in atto guerre o scontri tra bande; ma non vi è alternativa. Il tornare indietro può richiedere lo stesso impegno che proseguire. Occorre contare sulle proprie risorse e questo è un esercizio costante che richiede o scelte immediate o scelte ponderate. Lo spirito di sopravvivenza e di avventure nutrono e rinforzano “l’autostima crescente” . Possiamo dire che quando il personaggio arriva a Vladivostok non è più la stessa persona di quella che sarebbe stata se fosse giunto a destinazione con la transiberiana. Scendere dunque dal treno… ma il nuovo spaventa.Deutero racconta di quando in maniera inaspettata nel tentativo di risolvere tematiche legate al sentimento di impotenza, che l’incontro con i bambini autistici gli provocava , si incontrò con un “paradigma nuovo” .L’incontro con i bambini autistici o portatori di psicosi infantile é stato determinante. I bambini definiti nel nuovo paradigma vengono chiamati Sommi Sacerdoti e si iscrivono in una nuova metafora dove l’attenzione è “massima”. In questa metafora viene evidenziata la capacità “attentiva” espressa al massimo livello. I Sommi Sacerdoti rispondono “al principio della relazionalità assoluta” dove l’attenzione é massima “stare nella relazione negando la relazione”. Se l’attenzione é “assoluta” non vi è “distrazione” e questo fa sì che siano “Sommi”.
Loro é come se fossero fuori dal tempo oggettivo. Se si immagina una piramide, loro occupano la cima. Deutero per entrare in contatto con loro propone due metafore le cui narrazione sono completamente divergenti. Il bambino autistico e il bambino con le psicosi infantili può essere visto come “groviera” oppure come parmigiano.Queste due metafore rispecchiano due paradigmi il cui sviluppo porta a due orientamenti scientifici diversi.Vedere il bambino autistico come groviera comporta la ricerca di tutto ciò di cui é carente e deficitario. Si delineano modelli diversi con teorie della tecnica e tecniche diverse. Gli approcci psicoterapeutici attuati sono diversi e coerenti col modello; ma il minimo comune denominatore di tutti gli interventi è la carenza che quei buchi rappresentano. Ognuna di queste tecniche si propone come valida, scientifica e riproponibile nei percorsi di formazione. Se nella metafora di una piramide vengono collocati nei diversi gradini, sicuramente l’occhio tende a vederli collocati in basso, alla base della piramide e su questo si innestano tutte le prassi terapeutiche. L’obbiettivo permette di raggiungere stadi dove l’apprendimento diventa nella terapia lo scopo principale, sul piano somatico, cognitivo, emozionale e relazionale. Il parmigiano visto come metafora è un formaggio così compatto che neanche la luce può entrare. Vedere i bambini autistici e i bambini psicotici come “parmigiano” significa seguire un altro paradigma completamente opposto a quello della “groviera”. La loro “attenzione” è cosi vigile nel non “entrare in relazione negando la relazione”, che l’approccio psicoterapico viene totalmente modificato da coloro che nei diversi campi si occupano di loro. Lo sguardo è orientato non più in basso ma verso l’alto, dove loro in cima alla piramide, sono i veri insegnanti perché capaci di rendere tutti costoro impotenti e spesso incongrui. L’incongruità é credere di essere terapeuticamente potenti quando a un altro livello domina l’impotenza. Il cambiamento del paradigma cambia anche le aspettative e le definizioni di “scientificità” e mette in crisi la scientificità dei modelli “groviera” riconosciuti in tutto il mondo. I bambini Sommi Sacerdoti devono essere sfidati sulla loro capacità di “far credere” che l’assoluto e l’eterno sia presente sulla terra attuando interventi terapeutici più atti a cogliere le “disattenzioni” in quanto anche loro sono e vivono nel tempo oggettivo sulla terra.Il tempo soggettivo connotato da “eterno” con cui si scontrano i diversi modelli è in realtà un “artificio relazionale” dei Sommi Sacerdoti che spesso parte da un’idea magica di fermare la morte. La chiarezza sui paradigmi che informano i modelli era l’obbiettivo del mio intervento. Sottolineare che, la parola scientificità si nutre nel nostro campo, più che di verità di probabilità. Ho fatto poi un riferimento a una prassi vigente in molti convegni, in cui il tempo saturato in toto non permette spazio di discussione e confronti dove tutto sembra programmato comprese le tavole rotonde.
Caro Fabio forse ho osato troppo, forse sono stato male interpretato, forse non sono stato capito o visto come un perturbante. Forse ho perso un amico, che è stato ritenuto responsabile e colpevole di avermi invitato. Io ho solo ribadito che non sono un ricercatore ma un clinico e la clinica a volte fa brutti scherzi perché ti può far incontrare dei paradigmi che possono creare sogni, fantasie, come Nautilus di VERNE ma che a volte possono diventare realtà. Mi spiace di non essere stato capito e che il mio intervento sia stato visto come distruttivo e non costruttivo.
Questa lettera aperta è perché ho la sensazione caro Fabio che ho tradito la tua fiducia e per questo forse ti hanno dato addosso. Mi dispiace ma a volte la verità fa male.
Carmine quello che ha detto “Scendo dal Treno” … il nuovo spaventa